giovedì 28 novembre 2013

 
La Nostra Guerra        
di Ivo Kozina


Questa relazione si basa sul libro “La Nostra Guerra”, stampato a Firenze nel 1915 e scritto dall'Associazione fra professori universitari. E' un esempio di propaganda interventista, una interessante raccolta di scritti, tesi a trovare varie giustificazioni alla guerra, affidati a dei professori che la analizzano e la motivano dall'alto delle loro conoscenze specifiche. Alcuni di questi professori ricopriranno, in seguito, posti di rilievo nella dittaura fascista.
La lettura risulta agevole e ho riportato molte frasi originali, impregnate di valori patriottici e nazionalistici, scegliendo gli scritti che più esaltano le cadute in contraddizione degli autori.
I temi usati per avvalorare la “guerra giusta” sono di tipo morale, culturale, economico, geografico, sempre intrisi di spirito risorgimentale, nazionalistico ed imperialistico.
Nel XX secolo la propaganda finalizzata al controllo delle masse ha dominato la scena, specie per quanto ha riguardato le guerre, ed è stata un’arma importante usata da tutti i belligeranti. Oggi le tecniche sono cambiate ma il discorso è sempre uguale. Sarebbe interessante leggere qualcosa di analogo a questo libro, magari scritto in Francia, in Germania o in Austria; vedremmo certamente gli stessi schemi di creazione e demonizzazione del nemico e si arriverebbe sempre allo stesso risultato: la guerra, naturalmente “vittoriosa e giusta”.
Accontentiamoci per ora di questo esempio italiano, che non è niente male....



Giorgio Del Vecchio, professore ordinario di filosofia del diritto all'Università di Bologna, intitola il suo intervento “Le ragioni morali della nostra guerra”.
La sua giustificazione alla guerra parte da una citazione di Tacito che definisce i Germani “Materia munificentiae per bella et raptus. Nec arare terram aut espectare annum tam facile persuaseris, quam vocare hostem et vulnera mereri. Pigrum quin immo et iners videtur sudore adquirere quod possis sanguine parare”.
E’ il primo esempio che incontriamo della creazione della diversità negativa del nemico, tema che verrà ripreso e rimarcato in seguito da altri professori e avrà la finalità di far sorgere l'odio. “Loro” cattivi, “noi” buoni…Una differenza che ci mette dalla parte di una verità etica, di un dovere morale, e che “noi” combattiamo una guerra diversa, perchè “la violenza anche se vittoriosa non ha per noi intrinseca dignità, non vale solo per la causa che essa serve ... la guerra non la facciamo per l'utilità che può portarci, potenza e floridezza, noi pensiamo anche al valore incommensurabile delle vite che debbon esser sacrificate ...”. Un’Italia, quindi, che pensa al destino dei propri figli pur mandandoli alla morte.
Il professore si cimenta poi con “il valore della nazione opposto al meschino essere individualisti ... l’esaltazione del sacrificio per una causa comune contro il nemico, l’Austria, che fece scempio dell’italianità mediante fredda e crudele arte di governo ...”. Ecco che il nemico diventa più ben definito, dai lontani Germani si arriva all’odiata Austria, ben caratterizzata.
Del Vecchio prosegue : “noi non muove cupidigia di suolo altrui, né velleità di dominazione, noi vogliamo la libertà dei fratelli ...” . Una guerra puramente ideale, dunque, se non fosse che, subito dopo, le sue affermazioni prendono un'altra piega : “..a noi non importa di valutare il pregio economico delle terre che aspiriamo a redimere, se anche mancassero i boschi lussureggianti, i prati irrigui, la solatia corona di coste frastagliate di porti e insenature, che dischiude una possibilità indefinita di traffici ed espansione mondiale, la nostra volontà di liberazione non sarebbe men ferma” . La guerra ideale lascia quindi trasparire chiaramente delle precise visioni che malamente nascondono la cupidigia e la voglia di espansione.
Ancora sulla differenza morale : “L’Italia è entrata in questa guerra ben sapendo che alcuni dei belligeranti hanno adottato una maniera di guerra che non rispetta alcun limite morale, nè giuridico, nè civile, infrange tutte le norme per le quali la guerra si distingue dalle risse e dalle rapine ....” . Pensando a come si è combattuta la Grande Guerra, tempesta mai vista di fuoco ed acciaio, viene difficile capire di cosa parli questo signore.
L’autore cita poi il Mazzini in due occasioni, una a proposito dell’unità geografica dell’Italia "L’Italia è circondata dalle Alpi e dal mare con tanta esattezza che la definiresti un’isola”, tema che verrà ripreso e sviluppato in seguito da altri autori. L’altra è una lettera che il Mazzini scrisse a tre amici tedeschi, in cui esortava il popolo Alemanno a dar risalto ai suoi valori migliori, di filosofia, di pensiero, di storia e religione, e che concludeva con l’invocazione : “Questa Alemannia non ha bisogno del circolo dell’Adige, di Trento e Roveredo, ha bisogno di unità ed armonia, ha bisogno di scrollarsi di dosso il peso delle ingiustizie che l’Austria le ha accollato”. Un uso strumentale tendente a distinguere tra tedeschi buoni e tedeschi cattivi. E poi, perché mai dovrebbero dovuto rinunciare a dei territori ricchi e popolati da genti anche tedesche?
Per Del Vecchio la guerra ha anche altri compiti, quello di “difesa dei monumenti sovrani dalla furia iconoclasta dei barbari” e quello ancor più importante di una rigenerazione della nazione tedesca, che attraverso la guerra, attraverso un bagno di sangue, “riacquisterà la sua dignità perduta e lo smarrito senso del diritto” . Una presunzione non da poco. Vede la malattia e suggerisce la giusta cura: il bagno di sangue. Egli vede la guerra come un fuoco purificatore che uccide i bassi egoismi umani, fa vivere nello spirito nazionale, esorta a frenare gli odi privati; una guerra che, oltretutto, è stata il metodo migliore per affinare l'ingegno umano “guerra esperimento cruciale, rivelatrice di attitudini sopite o ignorate...”. In quest'ultima parte si nota l’affinità con il pensiero di Giovanni Boine, teorico della guerra come strumento di ricomposizione sociale e di restaurazione coatta della disciplina, tema molto in voga all’epoca nei circoli nazionalisti.
Lasciamo questo esimio pensatore e andiamo avanti.
Prospero Fedozzi, professore ordinario di diritto internazionale all’Università di Genova, con il titolo “L’idealità nazionale e il dovere dell'Italia”, attacca le tendenze umanitarie e cosmopolitiche che pervadono la borghesia dell’epoca e deplora l’ideale socialistico abbracciato dal proletariato. A questi elementi imputa la distruzione del sentimento di Patria, ormai degradato.
Secondo lui la propaganda pacifista è lo strumento che ha infiacchito le energie nazionali, all’opposto del movimento nazionalista “che educa il popolo al sentimento di guerra e combatte il pacifismo”.
Contro il cosmopolitismo e l’internazionalismo il Fedozzi tocca un tema interessante, cioè la penetrazione che l’idea nazionale ha avuto in larghe fasce di socialisti europei, che perdono la loro vocazione internazionalista “in seguito all’affermarsi di un pensiero che vede la fase della nazionalità un necessario antecedente storico del futuro ordinamento socialista... classi operaie specialmente in Italia avevano potuto spesso constatare come le tendenze internazionalistiche si fossero spezzate quasi ovunque contro gli interessi di un proletariato fornito di più alti salari e fermo nel mantenere le posizioni conquistate, contro l’invasione di manodopera straniera.” Parole che ancora oggi hanno purtroppo una forte attualità nel mondo del lavoro e della mobilità all’interno di esso. L’autore, partendo da questo quadro, giunge ad invocare ciò che altro non sarà che il modello corporativista fascista, cioè la ricomposizione degli scontri sociali e della lotta di classe, per una nazione più forte ed unita, perchè “la fortuna di tutti è connessa con la fortuna della nazione” .
Il professore conclude con un abbraccio ideale alle nazioni amiche, al “Piccolo Belgio, anima grande in un corpo troppo piccolo, all’eroica e romanica Romania, mutilata della Transilvania dalla perfida Ungheria, e alla martire Polonia smembrata dai tre imperi”, nazioni amiche che l’Italia saprà aiutare, sostenere e liberare nella lotta contro i barbari. Come si nota, alle forze del male si sono aggiunti anche gli Ungheresi (perfidi).

Interessante, a tratti paradossale, è lo scritto di Carlo Errera, professore ordinario di geografia all’Università di Bologna. Tratta il problema dei “confini naturali”, con più profondità di altri suoi colleghi, visto la cattedra che ricopre, ma non per questo con più successo.
Il punto di partenza del problema geografico sono sempre le Alpi, e questa volta però non sono viste come un muro lineare. Il docente si rende conto che sono un insieme di catene, montagne, sorgenti fluviali e vallate. Per definire il giusto confine decide quindi di affidarsi al “Divortium acquarium”, cioè alla direzione e al tracciato seguito dalle acque.

Pur ammettendo che non è una cosa facile da farsi, afferma che la linea naturale delle Alpi è quella segnata dalla separazione delle nostre acque da quelle di altri fiumi correnti in altri mari d’Europa (per fortuna che nei mari italiani non sfocia un fiume come il Danubio, sennò il professore avrebbe avuto un grattacapo non indifferente).
Errera ammette anche che gli abitanti degli opposti versanti non hanno mai riconosciuto alcun ostacolo naturale, “ed è ben vero che in passato la razza italica abbia varcato con la sua lingua, la sua cultura e con le sue armi tale limite ... ed è ben vero che pure gli stranieri, specie tedeschi, abbiano travalicato tale limite con la loro rozzezza e la loro rabbia ...”
Ci sarebbe da ridere, ma forse è meglio sentirsi schifati. Sembra che i tedeschi non abbiano nemmeno avuto una loro lingua, ma che fossero una specie di orda di trogloditi che grugnivano. Al contrario, la “razza italica” che invadeva le terre dei Germani era ben parlante, colta e portava tutto questo ben di dio attraverso le armi.
Ma torniamo ai confini.
Nonostante le difficoltà di interpretazione, per il professore le Alpi sono e restano il confine naturale dell’Italia.
Un nuovo problema si presenta però nella parte orientale, dove le Alpi degradano sino a perdersi nell'altipiano carsico, purtroppo privo di vie fluviali di superficie.
In questa zona lo stesso problema si è presentato anche ai tedeschi, di cui il professore ne deplora con rabbia la soluzione, dato che hanno fissato l’Isonzo come limite naturale del Carso.
Errera parla quindi di “modo schiettamente germanico di violentare le forme e i segni della crosta terrestre”. In che cosa si differenzi dal suo metodo non si capisce proprio (chiunque abitasse in questa zona orientale e amasse passeggiare in Carso, potrebbe ben dire che di confini naturali non se ne vedono proprio). Il professore, proseguendo nelle sue teorie, si spinge fino a nord di Fiume “dove nasce il Timavo, che sfocia al termine della pianura veneziana”, tirando in ballo anche la Sava. Sembra un gioco di fantasia, con questi sistemi si potrebbero ampliare gli stati a dismisura.
Errera accenna pure al problema delle lingue, che richiederebbe data la sua complessità ben altra sede e mole di lavoro. Cito solo che a proposito dell’italianità dell’Istria e della Dalmazia egli produce questa frase infelice : “ ... Pirano delirante contro l’onta delle tabelle recanti accanto all’iscrizione italiana l’insulto di un’iscrizione croata ...”, frase interessantissima dato che ancora oggi a Trieste si “discute” di bilinguismo con toni e linguaggi identici.
Per spiegare la predominanza italiana, l’autore rileva che nelle terre italiche ci sono “38 milioni di figli e poche centinaia di migliaia di tedeschi e slavi, ospiti discesi entro le nostre valli o sulle sponde del nostro mare”. Non lo coglie il dubbio che l’Austria può usare una logica analoga riguardo agli italiani “ospiti” nell’Impero.
Dopo le Alpi, pure l’Adriatico è motivo di forte preoccupazione, soprattutto per questioni di ordine militare. Infatti dalle coste istriane e dalmate incombe la minaccia della forte marina austriaca, che in poche ore può mettere in ginocchio l’Italia. Per questo motivo è intollerabile che tali zone restino in mano nemica.

Il professor Gino Arias, ordinario di economia politica all’Università di Genova, tratta il tema “La nostra guerra e la ricchezza italiana”, andando al cuore del problema, svelando cioè i vantaggi economici che deriverebbero da una vittoria.
Inizia elogiando il collega Del Vecchio ed i suoi valori morali, per puntare subito “al bisogno materiale di questa guerra”.
Imposta il suo discorso sulla lotta mercantile tra i vari porti europei, lamentando l’invadenza di Amburgo e Brema, che si spingono oltre “le naturali zone di irradiazione” , sottraendo i traffici ai porti italiani del nord. Secondo l’autore, Genova, Trieste, Venezia e Fiume, hanno “il diritto di raccogliere e trasmettere ai popoli dell'Europa centrale, fino a certi confini che non si possono stabilire con sicurezza (!) le merci dell’Oriente, dell’Africa e dell’America...” Il perchè di questo diritto non è però spiegato. Continua quindi “...ciò è elemento essenziale della nostra missione nell’economia europea, non certo quella che altri si attribuiscono, accecati da prepotente volontà di dominio...” . Ecco che si ricade ancora nell’inghippo che la stessa cosa fatta da “noi” è sacrosanta e morale, mentre fatta dagli “altri” è un sopruso prepotente ed intollerabile.
Il professore dedica anche alcune righe a Trieste, accusando l’Austria di alimentare la rivalità fra quest’ultima e Venezia e di tenere il porto triestino in condizioni di sottosviluppo rispetto il suo potenziale, per non irritare i fratelli germanici con un’invasione in zone mercantili loro. Così l’Austria non trova di meglio da fare che danneggiare Venezia invadendo le sue competenze tramite l’attività dello scalo triestino.
Subito dopo Arias si contraddice due volte, la prima lamentando che l’Austria ha costruito tre linee ferroviarie alpine, in modo da collegare meglio Trieste con Monaco e Berlino, la seconda quando afferma che se Trieste sarà riconquistata i suoi traffici dovranno per forza diminuire (non vi dice niente questo?…) per non danneggiare Venezia. Rimarrà però in cambio la consolazione di veder cessare la rivalità fra le due città marinare. Nonostante quest’ottica di ridimensionamento, “chi domina Trieste domina il ricco traffico del Levante...” , specialmente da e verso la Turchia, ghiotto boccone da spartire tra potenze europee in vista di un suo imminente crollo. Una Trieste che “è per eccellenza, perchè cosi' ha voluto la natura, una stazione italiana”, minacciata da mire espansionistiche germaniche, che “se per dannata ipotesi riuscissero a prenderla, il Mediterraneo diventerebbe un lago tedesco, togliendo all’Italia il polmone economico del Levante” . Per mantenere questo controllo è necessario ottenere il dominio anche su Fiume, rivendicata dagli Ungheresi, sull’Istria e sulla Dalmazia.
Arias s’impegna quindi nel fornire alcuni dati che lo fanno indignare: nel 1911 la partecipazione della Marina Mercantile Italiana ai traffici della Germania fu di sole 50 navi per 76.000 tonnellate, mentre la partecipazione tedesca ai nostri traffici fu di ben 3380 navi per 85.000.000 di tonnellate, e ciò viene messo in relazione al controllo delle terre irredente. La smentita arriva subito dopo quando si lamenta la mancanza di carbone sul suolo patrio, causa della carenza delle navi a vapore nella flotta mercantile italiana. In Italia infatti il tonnellaggio di velieri è di ben 6/10 del totale, mentre in Austria siamo a poco più di 1/1000 di tonnellaggio a vela rispetto ai piroscafi. …Che c’è di meglio dell’accusare gli altri, specie se tedeschi, delle proprie incapacità?
L’autore passa poi all’agricoltura, dando la colpa del suo cattivo stato ai trattati commerciali e al protezionismo di Francia e Usa, salvo poi lamentare come sempre l’arretratezza di sistemi e tecnologie agricole italiani, liquidando però tale argomento con un laconico ed insulso “ciò non ha diretto rapporto con il nostro tema” .
Vagheggiando la conquista del Trentino parla poi di “vantaggio minimo in confronto all’ordine morale, militare, politico, però apprezzabile se si pensa alla florida selvicoltura trentina che ha un’esportazione in Italia di 4 milioni di corone annue, seppur ostacolata dalla scarsità di comunicazioni con l’Italia, in contrasto con l’abbondanza di strade che lo avvicinano al Tirolo tedesco ...”. Il discorso continua assumendo toni entusiastici : “si aggiungano l’allevamento del bestiame, pascoli magnifici, industria enologica, gelsicoltura in straordinario progresso contrariamente a quanto accade in Italia, la frutticoltura, fiorenti industrie agricole ... non si dimentichi la forza idraulica che l’Austria non vuole esportare per innata diffidenza verso l’Italia ...” . Come si può ben vedere dei tanto decantati valori morali non è rimasto nulla e una guerra condotta con questi obiettivi non si differenzia in niente da una rapina.
Arias fa anche un discorso sull’immigrazione, che vede come importante fonte di entrate e di miglioramento economico per le regioni meridionali, allo stesso tempo però lamenta le sue conseguenze negative:
  1. rilassatezza morale e di costumi
  2. indebolimento dei vincoli familiari
  3. cattiva nomea che è riservata in America alle colonie italiane a causa dei lavori umili da queste esercitati
  4. indebolimento dell’esercito causa la renitenza davvero elevatissima in dette regioni
  5. decadimento delle piccole industrie
  6. decadimento dell’agricoltura per mancanza di braccia
  7. aumento eccessivo del costo della manodopera (subito dopo ammette però che i salari agricoli del tempo erano irrisori ed inumani).
Questa guerra avrebbe dunque, rispetto all’immigrazione, un duplice beneficio: migliorando la situazione economica la bloccherebbe e, grazie al valore dimostrato in guerra, imporrebbe all’estero un più alto rispetto del nome italiano e una più giusta valutazione per il suo lavoro.

Il professor Arrigo Solmi, docente di diritto ecclesiastico all'Università di Pavia, affronta “Le ragioni e la necessità della guerra alla Turchia”.
Anche in questo caso il “cliché” non cambia, si affibbiano al nemico tutti i connotati negativi e su questo si costruisce un “diritto” o una “ragione”.
Solmi ripercorre la storia dell’Impero Ottomano, non staremo qui a riassumerla, ponendo l’accento su come la sua espansione fu “violenta” (come se, le altre espansioni imperiali, fossero state pacifiche). Si crea subito dopo lo stereotipo del “barbaro”, questa volta anche “asiatico”, che guarda caso combatte dalla stessa parte del “barbaro germanico” contro la civiltà latina.
Solmi parla di “vergogna della civiltà moderna che ancora lascia sopravvivere l’astuto, crudele e obbrobrioso dominio turco” , mantenuto in piedi da tutte le potenze, timorose del caos che potrebbe provocare la sua scomparsa (non si dimentichi che la Turchia era vista come un guardiano dei pazzi, specialmente in riferimento alla situazione balcanica).
Vien tirata quindi in ballo la Germania, rea di essere arrivata per ultima sullo scacchiere ottomano e di essere riuscita però a strappare ottimi accordi commerciali e buone concessioni, aumentando di fatto la propria potenza economica e il proprio ruolo diplomatico.
A questo proposito Solmi ricorda la visita di Guglielmo II, nel 1898, a Gerusalemme, nella quale il Kaiser dimostrò molta simpatia verso il mondo musulmano e che diede inizio ad una intimità turco-germanica non più interrotta. L’autore, però, non ricorda le intimità franco-turche o anglo-turche: non fu la Francia che iniziò l’ammodernamento dell'esercito ottomano, il “nizam”, che portò all'eliminazione fisica dei Giannizzeri, divenuti ormai troppo ingombranti? E non fu l’Inghilterra che difese più volte la Turchia in funzione anti-russa? Il professore queste cose non le ricorda o non le sa.
Una Turchia, dunque, mantenuta sempre in piedi grazie all’aiuto di qualcun altro, che solo l’Italia e la Russia hanno avuto la capacità e l’ardire di far vacillare. L’amata Italia che, specialmente dopo la guerra di Crimea, mise in luce tra alti e bassi il suo ruolo di rinata nazione, anche se troppo acquiescente verso le potenze in fatto di politica estera.
Secondo Solmi, appena con l’occupazione della Libia e del Dodecanneso l’Italia si scrollò di dosso il torpore, entrando, “come di diritto”, nella competizione europea. In seguito a queste due mosse militari si giunse al patto di Losanna che però la Turchia non rispettò ed è questo il motivo principale per farle guerra. Infatti, ottenuto il controllo sulla Libia, l’Italia non vide cessare le ostilità delle popolazioni locali fomentata dagli agenti turchi.
Solmi rammenta che non è bastato nemmeno garantire la continuità della pratica religiosa musulmana, sotto il benevolo occhio italiano, per pacificare la situazione.
Inoltre, egli registra : “ostilità verso cittadini italiani nell’impero ottomano e dispregio per ogni legittimo interesse italiano in Oriente” e come se non bastasse deplora anche la perdita della ricca città di Adalia (Antalya) concessa dagli inglesi all’Italia, che quindi spetta a quest’ultima di diritto.
Solmi volge alla conclusione ricordando ancora la “malvagità turca”, “l’obbrobrioso impero” e “la barbarie ottomana” ricordando (pure lui) che questa guerra non è mossa da intenti egoistici ma in primo luogo da ansie di dare libertà a nazioni oppresse, e solo secondariamente a garantirsi il “giusto profitto economico” .
Una guerra, insomma, “con il crisma puro e sacro della giustizia” .

Ho citato in questa relazione cinque tra i nove professori che concorsero alla stesura del libro, quelli che ho tralasciato sono stati meno incisivi sul piano propagandistico, si sono dilungati molto in riassunti e ricostruzioni storiche di avvenimenti che sono peraltro facilmente rintracciabili in un buon manuale, ripetendo gli stessi temi dei colleghi ma con minor vigore.
Resta da dire ancora che le conoscenze specifiche di questi professori non hanno prodotto un lavoro apprezzabile da un punto di vista propriamente storico, perchè appunto la lucidità e l’analisi ha lasciato il posto alla passione patriottica.
Il documento lasciato è interessante, invece, perché mette a nudo il modo di pensare dei circoli patriottici e nazionalisti di allora.
Pensando che uomini di cultura, in tutti i Paesi, abbiano incitato i giovani alla guerra, mi viene in mente un passo del romanzo di Remarque, “All’ovest niente di nuovo”, in cui un ex studente tedesco incontra in prima linea il suo ex professore dall’aria sparuta e con aria minacciosa lo approccia: “... Soldato Kantorek - gli ho detto - due anni fa voi con le vostre prediche ci avete portato a presentarci al comando del presidio; fra gli altri c’era anche il povero Giuseppe Behm, che non voleva, ed è caduto tre mesi prima della chiamata della sua classe. Senza di voi, sarebbe rimasto in vita almeno quei pochi mesi. E ora andate pure: avremo occasione di rivederci”.
Concludendo vorrei citare alcune parole molto significative del filosofo Benedetto Croce, che nel 1914 ad un giornale romano rilasciò un’intervista a proposito dei toni accesi e degli stati d’animo aggressivi diffusi in una parte della popolazione : “... credo che, a guerra finita, si giudicherà che il suolo d’Europa ha tremato non solo sotto il peso delle armi, ma anche sotto quello degli spropositi. E i Francesi, Inglesi, Tedeschi e Italiani si vergogneranno e chiederanno venia per i giudizi che hanno pronunciato, e diranno che non erano giudizi ma espressioni di affetti. E anche più arrossiremo noi, neutrali, che spesso abbiamo parlato, come di cosa evidente, della barbarie germanica. Fra tutti gli spropositi, frutti di stagione, questo otterrà il primato, perchè certo è il più grandioso”.



mercoledì 27 novembre 2013


lettera A

Qualcuno si riconosce?


più di centomila persone dal 1919 al 1945 nei nostri territori hanno un altro cognome.
si tratta di un etnocidio!

etnocidio Forma di acculturazione forzata, imposta da una società dominante a una più debole, la quale in tal modo vede rapidamente crollare i valori sociali e morali tipici della propria cultura e perde, alla fine, la propria identità e unità


Ablauf, ora Abelaffi
Abracht, ora Alberti
Abram, ora Abrami
Abrutsch, ora Abruzzi
Achsin, ora Acini
Adam, ora Adami
Adamic, ora Adami
Adamich, ora Adami
Afric, ora Afri
Africh, ora Afri
Agostincich, ora Agostini
Aichholzer, ora Della Guercia
Albich, ora Albi
Albrecht, ora Alberti
Alesch, ora Allessi
Allich, ora Allisi
Allitsch, ora Alessi
Alt, ora Alti
Ambrosic, ora Ambrosi
Ambrosich, ora Ambrosi
Ambrosig, ora Ambrosi
Ambroz, ora Ambrosi
Ambrozic, ora Ambrosi
Amort, ora Amori
Anderlich, ora Andreini
Andersch, ora Andri
Andlovic, ora Andrini
Andlovich, ora Angeli
Andlovitz, ora Andoli, Andrini
Andreassich, ora Andreassi
Andraicic, ora Andrei
Andreicich, ora Andreucci
Andreicig, ora Andrei
Andrejcich, ora Andreini
Andretich, ora Andretti
Andrettich, ora Andretti
Andriancich, ora Andriani
Andrianich, ora Andriani
Andrich, ora Andri
Andrjasic, ora Andreassi
Andronja, ora Andronia
Anicic, ora Anici
Anicich, ora Anici
Anninger, ora Annieri
Anschlover, ora Angiolari
Ansich, ora Ansini
Anslovar, ora Angiolari
Antich, ora Antini
Anton, ora Antoni
Antonaz, ora Antonelli
Antoncic, ora Antoni
Antoncich, ora D'Antoni, Antonelli, Antonini
Antonsich, ora Antoni, Antonini
Antonzich, ora Antonelli
Antulovich, ora Antoni
Antunovich, ora Antonelli, Antoni
Anzlovar, ora Angiolari
Anzulovich, ora Anzilotto
Apih, ora Api
Arbanasich, ora Arbanassi
Arbanassich, ora Arbanassi
Arbek, ora Arbe
Arch, ora Archi
Archer, ora Archeri
Arko, ora Arco
Arneric, ora Arneri
Arnerrytsch, ora Arneri, Arneris
Arnold, ora Arnoldi
Arthold, ora Artoli
Arvanitis, ora Albaniti
Atanasic, ora Atanassi
Auber, ora Alberi
Augustincic, ora Augustini
Augustincich, ora Augustini
Augustinovich, ora Agostini
Azman, ora Azmani



martedì 26 novembre 2013

  lettera F 

Qualcuno si riconosce?


più di centomila persone dal 1919 al 1945 nei nostri territori hanno un altro cognome.
si tratta di un etnocidio!

etnocidio Forma di acculturazione forzata, imposta da una società dominante a una più debole, la quale in tal modo vede rapidamente crollare i valori sociali e morali tipici della propria cultura e perde, alla fine, la propria identità e unità





Fabaz, ora Fabi
Fabcic, ora Fabi
Fabcich, ora Fabi, Fabiani
Fabec, ora Fabi
Fabian, ora Fabiani
Fabic, ora Fabi
Fabich, ora Fabi
Fabijan, ora Fabiani
Fabiancic, ora Fabiani
Fabiancich, ora Fabiani
Fabjan, ora Fabiani, Fabiano
Fabjancic, ora Fabiani
Fachin, ora Facchini
Facuch, ora Facuzzi
Facus, ora Falcuzzi
Faiman, ora Famiani
Fakin, ora Facchini
Falisek, ora Felici
Fallig, ora Falli
Faltinek, ora Faltinelli
Fanninger, ora Fanningeri
Faraguna, ora Faragone
Farcich, ora Farci
Farletich, ora Ferletti
Fayenz, ora Faenzi
Fedreicich, ora Federici
Fegatz, ora Fegati
Faelician, ora Feliciani
Felisek, ora Felici
Felmer, ora Fermi, Selmi
Ferencich, ora Fiorenzi
Feriancic, ora Feriani
Feriancich, ora Feriani
Ferlan, ora Furlani
Ferletich, ora Ferletti
Ferlettig, ora Ferletti
Ferlich, ora Ferri
Ferlig, ora Ferli
Ferrant, ora Ferranti
Fetter, ora Ferretti
Fibich, ora Febi
Ficich, ora Ficivi
Ficko, ora Fisco
Fiegl, ora Figellio
Filipcich, ora Filippi, Filippini,
Fillinich, ora Fillini
Firm, ora Firmiani, Firmi
Fischer, ora Fiscelli, Pescatore, Pescatori
Fischkandl, ora Pesciani
Fischl, ora Fiscoli
Fiser, ora Fissi
Fitzko, ora Foschi
Flach, ora Flacco
Flack, ora Piani
Fleischmann, ora Famiani, Faimani, Flamiani
Florjancic, ora Floriani
Fonn, ora Fonti
Forcic, ora Forti
Forcich, ora Forzi
Foretich, ora Foretti
Fornasarich, ora Fornasari
Fornasarig, ora Fornasari
Fradl, ora Fradel
Franca, ora Franza
Francelj, ora Franzelli
Franchich, ora Franchi
Francich, ora Franchi
Francovich, ora Franchi, Franchini, Franconi
Francovig, ora Franchini, Franco
Frandolich, ora Frandoli
Frandolig, ora Frandoli, Franti
Franelich, ora Farneti
Franellich, ora Franelli
Franck, ora Franchi, Franco
Frankic, ora Franchi
Frankovich, ora Franci, Franco
Frankulich, ora Franceschi
Franz, ora Franzi
Fratnik, ora Fratini, Fratti, Frattini
Freiberger, ora Friberti
Freisinger, ora Frassini
Freisseis, ora Frisi
Frenner, ora Della Frana
Friesenbichler, ora Montefrisi
Frigyessy nob. di Ràcz-Almàs, ora Frigessi nob. di Rattalma
Fritsch, ora Fricci
Fritz, ora Frizzi
Fronz, ora Fronza
Fuchs, ora Volpi
Fucich, ora Fuccini
Fuk, ora Volpi, Fuci
Fucks, ora Volpi
Furlanic, ora Furlani
Furlanich, ora Furlani

lunedì 18 novembre 2013

 lettera E 

Qualcuno si riconosce?


più di centomila persone dal 1919 al 1945 nei nostri territori hanno un altro cognome.
si tratta di un etnocidio!

etnocidio Forma di acculturazione forzata, imposta da una società dominante a una più debole, la quale in tal modo vede rapidamente crollare i valori sociali e morali tipici della propria cultura e perde, alla fine, la propria identità e unità




Ebling, ora Elbini
Echardt, ora Eccardi
Eckel, ora Eccardi
Eckhnel, ora Eccardi
Eder, ora Edera
Eggartner, ora Giardino
Eichwald, ora Rovereti
Eisenzapf, ora Puntaferro
Elender, ora Elini, Elleni, Ellini
Elsner, ora Elsi, Elsineri
Eltbogen, ora Elboni
Emerschitz, ora Emersi
Engel, ora Angeli
Engelhardt, ora Durangelo
Eppinger, ora Eppinigi
Erdjan, ora Eriani
Eriauz, ora Eriani
Erschen, ora Erseni, Ersini
Ersettig, ora Ersetti, Orsetti
Ertelt, ora Ertelli
Erzetig, ora Ersetti
Escher, ora Ersini, Frassini




domenica 10 novembre 2013

lettera D 

Qualcuno si riconosce?


più di centomila persone dal 1919 al 1945 nei nostri territori hanno un altro cognome.
si tratta di un etnocidio!

etnocidio Forma di acculturazione forzata, imposta da una società dominante a una più debole, la quale in tal modo vede rapidamente crollare i valori sociali e morali tipici della propria cultura e perde, alla fine, la propria identità e unità


Dabovich, ora Daboni, Dabono, Deboni
Dadich, ora Daddi
Damianovich, ora Damiani
Daneu, ora Danieli, Daneo
Daubek, ora Dalberto
Davidivich, ora Dedavide
Davidovics, ora Di Davide
Debegnach, ora Debegna, Debeni
Debeljak, ora Debella, Debelli
Debellich, ora Debelli
Debeniak, ora Debeni
Declich, ora Dechigni, Delini
Deffar, ora Deffardi, Deffari
Dejak, ora Di Giacomo, Deano, Dea
Dejuri, ora De Giorgi
Dekleva, ora Decleva
Delak, ora Dellago
Delcot, ora Delzotto
Delez, ora Delia, Dellisi
Deliach, ora Delia
Demsar-Novak, ora Denza-Novale
Depeder, ora Depedri
Deretich, ora Diretti
Derman, ora Dermani
Derndich, ora Dardi, Derdini
Dernievich, ora Denievi, Derini
Dernovsek, ora Derni
Derschetsch, ora Terzini
Deschmann, ora Decimoni
Desko, ora Desco
Devetach, ora Dellavetta, Devetti
Devetak, ora Devetta, Devetti, De Vetta
Devich, ora Devis
Diechich, ora Dieghi
Diehl, ora Dilli
Dierlmaier, ora Dimario
Diminich, ora Dimini
Dimitrijevic, ora Di Demetrio
Dimnik, ora Dimini
Ditschbourn, ora Diborno
Diviach, ora Divi
Divic, ora Divi
Dlouhy, ora Deluchi
Dlugatz, ora Deluca
Dobauschek, ora Deboni
Dobne, ora Dorbeni, Donneri, Doveri
Dobnik, ora Domini
Dobnikar, ora Donni
Dobrauz, ora Deboni, Debrazzi
Dobric, ora Delbono
Dobrillovich, ora Bonetti
Dobrovich, ora Deboni, Debrevi
Dodic, ora Dodini
Dodich, ora Dodinio, Dodi, Doddi, Doddini, Dotti
Dolcher, ora Dolchieri
Doleisi, ora Dolesi
Dolenc, ora Doleni, Dollenti, Dolli
Dolenz, ora Delpiano, Doleni, Valle
Doles, ora Dolesi
Dolezal, ora Dolcetti, Dolzani
Dolgan, ora Degano, Dogani
Dolinschek, ora Dolli
Doljak, ora Doglia
Dollenz, ora Valle
Dolliach, ora Dolliani
Domancich, ora Domini, Domanini
Dombrillovich, ora Debrilli
Donadig, ora Donati
Donajo, ora Donaggio
Donnesberg, ora Donusberghi
Doplicher, ora Doppieri
Dorbes, ora Dorbesi
Dorcich, ora Dorini, Dorsi, Dorsini
Dornich, ora Dorni
Dossich, ora Dossi
Dougan, ora Dolgani, Dugani
Dovich, ora Dovis
Drachsler, ora Drassi
Draganczuk, ora Dragoni
Draghievich, ora Caretti
Drasceg, ora Daresi
Draschek, ora Drassi
Draschdilz, ora Drassini
Draslar, ora Tarsi
Drazinich, ora Grazzini
Drehl, ora Dilli
Dricer, ora Ricci
Drobinz, ora D'Urbino
Drobnic, ora Dronigi
Drobnig, ora Dorsini
Drosina, ora Dorsini, Rosina
Druscovich, ora Di Drusco
Drussich, ora Dussi
Duancich, ora Duanelli
Dubich, ora Farnesi
Dubravcich, ora Durbani
Dubretich, ora Dubretti
Ducic, ora Ducci
Dui, ora Duisi
Duimich, ora Dumini, Dominici
Duimovich, ora Domini
Duinich, ora Domini
Duinovich, ora Domini
Dulcich, ora Dulci
Duller, ora Dolli
Durbesich, ora Dorbesi
Durbezic, ora Dorbesi
Dursich, ora Dori
Dusnig, ora Dussini
Dusnik, ora Dussini
Dussich, ora Dussi
Duvancich, ora Duviani
Dyrlinger, ora Dorlighieri
Dvornik, ora Corti
Dvorsak, ora Dorsani
Dworzak, ora Dorsa, Cortigiani


mercoledì 6 novembre 2013

Qualcuno si riconosce?


più di centomila persone dal 1919 al 1945 nei nostri territori hanno un altro cognome.
si tratta di un etnocidio!

etnocidio Forma di acculturazione forzata, imposta da una società dominante a una più debole, la quale in tal modo vede rapidamente crollare i valori sociali e morali tipici della propria cultura e perde, alla fine, la propria identità e unità


lettera C


Cabal, ora Cobolli
Cac, ora Ciani, Ciacchi
Cacovich, ora Laconi
Caffau, ora Caffari, Caffieri
Cah, ora Ciani, Ciacchi
Caharija, ora Zaccaria
Cail, ora Calvi
Cainer, ora Caineri
Calabig, ora Calabi
Calamorcovich, ora Calamarchi
Calcic, ora Calici
Calcich, ora Calici
Calebich, ora Calbiani
Caligaric, ora Calligaris
Calin, ora Calini
Callinich, ora Callini
Calz, ora Calzi
Canz, ora Canzio, Cauto
Cappel, ora Cappelli
Capun, ora Capponi
Carabaich, ora Carabei
Carboncich, ora Carboncini, Carboni
Carcovich, ora Decarchi
Carielovich, ora Cariello
Caris, ora Carini
Carlovich, ora Carli
Carmelich, ora Carmeli
Castellanovich, ora Castellano
Castellaz, ora Castellazzi
Castelliz, ora Castelli
Catarinich, ora Cattarini
Cattaricich, ora Cattarini
Cattarinich, ora Cattarini
Cattich, ora Cattelli
Cattonar, ora Cattonari
Cattunarich, ora Cattunari
Caucic, ora Calzi
Caucich, ora Cauci, Caucci, Fanciulli, Causi
Caurecich, ora Cavrini
Caus, ora Causi
Cauter, ora Cauto
Cauzer, ora Causi, Calzi
Cebul, ora Cevioli
Cec, ora Cecchi, Cecchini
Cech, ora Cecchi, Cecchini
Cecovich, ora Cecovi
Cecovin, ora Ceccolini
Cedilnik, ora Cedi
Ceglar, ora Celio
Cegnar, ora Cenari, Zennari
Ceh, ora Cecchi
Cehovin, ora Cecchini, Ceccovini, Cecovini, Cecconi
Cek, ora Cecchi
Celarec, ora Celare
Celentich, ora Celenti
Celhar, ora Cellari
Celic, ora Celi
Celich, ora Celli
Celigoi, ora Celli
Cencic, ora Cenci
Cencur, ora Cenci
Cendak, ora Cenda
Cepar, ora Zerpini
Cepek, ora Ceppa
Cergnul, ora Negrini
Cergol, ora Cergoli
Cervenik, ora Cerqueni
Cervenich, ora Cerqueni, Cerveni, Cervini
Cermak, ora Carmi
Cermel, ora Cermeli, Cermelli
Cernaz, ora Neri, Nerini
Cerne, ora Negri, Negrelli
Cernic, ora Cerni
Cernich, ora Neri
Cernigoi, ora Cerenigo, Cerni, Cernieri, Neri, Nerini, Montenero
Cernilogar, ora Cernelli
Cernincich, ora Carninci
Cernitz, ora Cerni
Cerniutz, ora Cernuzzi
Cernivec, ora Negri
Cernja, ora Neri
Cernko, ora Cernico
Cernogorcevich, ora Monteneri
Cerny, ora Cerni
Cernovatz, ora Cervani
Cerovaz, ora Cerani, Cerutti, Cervini, Cervani, Cervazzi, Cerri
Cerquenic, ora Cerqueni
Cerquenik, ora Cerqueni
Cervar, ora Cerva
Cervarich, ora Cervi
Cerwinsky, ora Cervini
Cesar, ora Cesare
Cesnich, ora Cesini
Cesnik, ora Cesini
Cesnovar, ora Novari
Cesnovaz, ora Novari
Cessich, ora Gessi
Cestnik, ora Cesini
Cetertek, ora Quarto
Cetkovic, ora Cetti
Ceuna, ora Cena
Ceunja, ora Cenni
Chalupa, ora Calupa
Cheber, ora Croci
Cherbancich, ora Carboni
Cherbavaz, ora Carbi
Cherincich, ora Cherini
Chermetz, ora Chermetti
Cherpan, ora Carpani
Chersich, ora Chersi
Chervatin, ora Cerviatti, Corbatti
Chincich, ora Quinti, Giunti
Chirin, ora Cherini
Chiulaz, ora Solazzi
Chlupacek, ora Pace
Chvall, ora Cavalli
Ciach, ora Ciacci, Ciani, Ciano
Ciachich, ora Giacchini
Ciacotic, ora Giacconi, Giacotti
Ciak, ora Ciacci, Ciani
Cian, ora Ciano
Cibic, ora Zibetti
Cibiz, ora Cibi
Cibron, ora Ciproni
Cicko, ora Cesco
Ciesca, ora Cesca
Cigoj, ora Cigotti
Cihlar, ora Cilla
Cijak, ora Ciani
Cijan, ora Ciani, Ciano
Cinich, ora Cigni, Cini
Circovich, ora Circoli
Citter, ora Citteri
Ciuch, ora Ciocchi, Zucchi, Zuccoli
Ciuk, ora Ciocchi, Zuccoli
Culic, ora Ciolli
Civilliach, ora Civillia
Clacevich, ora Clarici
Clamaz, ora Clameri
Clanzig, ora Sentieri
Clarich, ora Claris, Clari, Clavi
Clede, ora Ledi
Clemen, ora Clementi
Clemencich, ora Clementi
Clenich, ora Cenni
Clenovar, ora Carnovari
Clun, ora Coloni
Clupacek, ora Pace
Cmelich, ora Cimeli
Cobau, ora Cobalti, Cobelli, Cavalli
Cobol, Cobolli
Coceanig, ora Canciani, Coceani
Cocevar, ora Coceani, Cocevio, Cocevi
Cociancich, ora Canciani, Canziani, Coceani, Cociani, Cosciani, Cossiani
Cociancig, ora Canciani, Canziani, Coceani
Cocina, ora Coceini
Codermaz, ora Coderni
Coldrich, ora Codrini, Ricci
Cofler, ora Cofleri
Cognitz, ora Cognito, Coni
Cogoi, ora Coggi, Corsari
Cohen, ora Sacerdoti
Coitanich, ora Gottani
Cok, ora Zocchi
Cokelj, ora Ciocchelli
Colarich, Collarini
Colaucich, ora Colussi
Colich, ora Colli
Colija, ora Zolia, Zollia
Colja, ora Colia
Collarich, ora Collarini
Collaucig, ora Colaussi
Collenz, ora Colli
Coller, ora Colle
Collich, ora Colli
Collorig, ora Collori
Colobig, ora Colli, Colombi
Comann, ora Romano
Comar, ora Comari
Comel, ora Comelli
Cometter, ora Cometi
Comparè, ora Colombi
Comparich, ora Compari
Conic, ora Cavallini
Conicdiz, ora Cavalieri
Coniz, ora Coni
Copacin, ora Copaccini
Cordich, ora Cordi
Coren, ora Correnti
Corlevich, ora Corlini, Corsi
Corsich, ora Corsi
Corsig, ora Corsi
Cosciancich, ora Cabciani, Cosciani, Cossani
Coslovich, ora Caprari, Caprini, Cosoli, Cosolini, Cossiani, Cosulli
Cosmaz, ora Cosma
Cosmatz, ora Cosma
Cosmech, ora Cosimi
Cosmina, ora Cosmini
Cosovel, ora Coselli
Cosovic, ora Cossini
Cosovich, ora Cossini
Cossancich, ora Costanzi
Cossich, ora Cossi
Costanievich, ora Costa
Cotic, ora Cottini, Zotti
Covac, ora Fabbri
Covacevic, ora Del Fabbro
Covacevich, ora Del Fabbro
Covach, ora Fabbro, Fabri, Fabretti, Covi
Covacic, ora Fabretti, Fabretto
Covacich, ora Cova, Covacci, Covelli, Fabretti, Fabbro, Fabbri, Fabbrini
Covacig, ora Covelli
Covas, ora Fabbri
Covatz, ora Corvi, Cova, Fabbri
Covaz, ora Cova, Fabbri
Covitz, ora Covi
Covrich, ora Covri, Corvini
Cozlan, ora Colsani
Cozut, ora Cossutti
Craglich, ora Crollini
Cragnaz, ora Cargnale, Cargnali, Carni
Craglevich, ora Carli
Crai, ora Carli
Crain, ora Carini
Craiser, ora Corazzi
Crajevich, ora Carli
Cral, ora Re
Crapas, ora Carpi
Crapiz, ora Carpi
Crasnich, ora Debelli
Crassig, ora Grassi
Crastich, ora Crassi
Cravetz, ora Cravetti
Cravos, ora Carvi
Crech, ora Cresi
Crecich, ora Cressi, Chersi
Cremencich, ora Cremeni
Cresciak, ora Crescia
Cresnar, ora Cresinari
Cresovitz, ora Cresi
Crisan, ora Crisani
Criscia, ora Crociati
Crisciak, ora Crisciani, Croci
Crisciach, ora Crisciani
Crisman, ora Crisimani, Crisma, Grimani
Crismanic, ora Crisimani
Crismancich, ora Crisimani, Crismani, Crociati, Croceti

martedì 5 novembre 2013

più di centomila persone dal 1919 al 1945 nei nostri territori hanno un altro cognome.
si tratta di un etnocidio!

etnocidio Forma di acculturazione forzata, imposta da una società dominante a una più debole, la quale in tal modo vede rapidamente crollare i valori sociali e morali tipici della propria cultura e perde, alla fine, la propria identità e unità



Qualcuno si riconosce?

dal 1919 al 1945, migliaia di cognomi di residenti delle nostre terre sono stati ridotti in italiano.
lettera B


Babic, ora Balbi, Babini, Babbi
Babich, ora Balbi, Babini, Babbi
Babuder, ora Babudri, Babudieri, Babborini, Barbuti
Bac, ora Bachi
Bacar, ora Baccari
Bacarcich, ora Baccarini
Baccho, ora Bacco
Baccich, ora Bacci
Baccovich, ora Di Bacco
Bachich, ora Bacci
Back, ora Bachi
Bacotich, ora Bacotti
Badalic, ora Badalini
Badessich, ora Badessi
Badich, ora Badini
Baethge, ora Beggi
Baic, ora Bai
Bait, ora Baiti, Batti
Baiz, ora Bassi, Bacci
Bajc, ora Bacci
Bajec, ora Bacci
Bak, ora Bachi
Bakarcich, ora Baccarini
Balcarek, ora Balzari
Baldas, ora Baldassi
Balisch, ora Ballis
Ballek, ora Balleri
Balloc, ora Ballori
Ballog, ora Mancini
Balzarek, ora Balzari
Ban, ora Bani
Bancovich, ora Bianchi
Bandel, ora Bandelli
Bandeu, ora Baldelli e Bandelli
Bandic, ora Bandi
Bannert, ora Bannetti
Baracich, ora Baracci
Baranovic, ora Barani
Barbarich, ora Barbi
Barbich, ora Barbo
Barbiric-Begnoni, ora Barbieri-Begnoni
Barbisch, ora Barbo
Barcanovich, ora Barcani
Baretich, ora Baretti
Baric, ora Barisi
Barich, ora Bari, Barisi, Barini
Barichievich, ora Baricchi
Barissich, ora Barissè
Barizk, ora Barisi
Barovich, ora Baroni
Bartolich, ora Bartoli
Bartos, ora Bertossi
Bartosch, ora Bartoli
Bas, ora Bassi
Basez, ora Basezzi
Bass, ora Bassi
Bassanich, ora Bassani
Bassich, ora Bassi
Bassmann, ora Bassi
Bastiancich, ora Bastiani

Bastiancich, ora Bastianini e Bastiani
Bastiancig, ora Bastiani
Bastianich, ora Bastiani
Batageli, ora Battagelli
Baethge, ora Beggi
Batic, ora Batti, Battigelli, Battisti
Batich, ora Batti
Batistic, ora Battisti
Batistich, ora Battisti
Batistig, ora Battisti
Battic, ora Battisti, Batti
Battich, ora Battini, Batti, Battisti
Batticich, ora Batticci
Battig, ora Batti
Battistic, ora Battisti
Battistich, ora Battisti
Battistig, ora Battisti
Baucer, ora Bacci, Balzi, Bauci, Baccelli
Bauch, ora Banchi
Baudaz, ora Baldassi
Bauditsch, ora Baldi
Bauer, ora Borelli
Baumgartner, ora Bongardo, Bongardi
Bautscher, ora Baucci
Bazec, ora Basi
Beacovich, ora Di Beacco, Stanissa
Beber, ora Reveri
Bec, ora Becchi, Beni
Becaj, ora Beccari
Becar, ora Benari
Bech, ora Beccardi
Bechtinger, ora Bettini
Becka, ora Besca
Becz, ora Bezzi
Bedalov, ora Bedalo
Bednarz, ora Bennari
Behar, ora Beccherini
Behrendt-Archer, ora Berini-Archi
Bekar, ora Beccari, Beccherini
Belamarich, ora Bellamari

Belantig, ora Bellanti
Belaz, ora Belazzi
Bellan, ora Bellani
Bellanich, ora Bellani
Belletich, ora Belletti
Bellich, ora Belli
Bellusich, ora Bellusi, Belluzzi
Belussich, ora Bellussi
Bembic, ora Bembo
Bencan, ora Benci
Bencian, ora Benciani
Bencic, Bencich, ora Benci e Bensi
Bencina, ora Benzina
Beneditich, ora Benedetti
Benedettich, ora Benedetti
Benedicich, ora Benedetti, Benedici
Benes, ora Bene
Benesch, ora Benelli
Benich, ora Beni, Benni
Bensich, ora Benci

Benulich, ora Benolli
Beran, ora Berani
Beranek, ora Beranini, Berrani
Bercich, ora Bertini
Berdar, ora Berdini
Berger, ora Bergani, Gergeri, Montanari
Berghimz, ora Berghi
Berginc, ora Bertini
Bergmann, ora Montanari
Bergnach, ora Bergnani
Bergnaz, ora Berni
Bergoc, ora Bergo
Berletich, ora Berletti
Berne, ora Berni
Bernecich, ora Bernelli
Bernes, ora Berni
Bernetic, ora Bernetti
Bernetich, ora Bernetti
Bernettich, ora Bernetti
Bernfeld, ora Campi

Beuz, ora Beuzzi
Bevc, ora Belluzzi
Bevcich, ora Bensi
Bezek, ora Bezzecchi, Bezzetti
Bezjala, ora Bezzi
Bezovnich, ora Bezzoni
Biakovic, ora Beacco
Bibic, ora Bicci
Bicich, ora Bicci
Bicik, ora Torelli
Biecar, ora Beccari
Biecher, ora Biecheri, Beccari
Biekar, ora Beccari
Bieker, ora Beccari
Bielli-Bianchi, ora Biella-Bianchi
Billussich, ora Billussi
Biocich, ora Biocci
Birghel, ora Borghesi
Birsa, ora Bersa
Biscak, ora Bisca, Bisiacchi
Bischoff, ora Devescovi
Bisciak, ora Bisia, Bisiacchi
Bisiach, ora Bissi, Bisiani, Bisiacchi, Bisia
Bisiak, ora Bisia, Bisiani, Bisiachhi, Bissi
Bitisnich, ora Bedini
Bittas, ora Bettazzi
Bittesnich, ora Bitesini
Bizjak, ora Bisia, Bissi, Bisiacchi, Bisiani
Blaha, ora Bianchi
Blank, ora Bianchi
Blascich, ora Biagi, Biagini, Blaschi
Blaschko, ora Blasco
Blascovich, ora Belasco
Blasevich, ora Baselli, Biagini
Blasich, ora Biagi, Blasi, Biasini
Blasig, ora Di Biasi, Biagi, Blasini
Blasinich, ora Blasini, Biagi
Blau, ora Bellaudi
Blazevich, ora Dibiagio
Blazic, ora Biagi
Blazich, ora Biasi, Biagi
Blazovich, ora Di Biagio
Blazko, ora Blasco
Blessich, ora Blessi
Blocar, ora Bloccari
Blocher, ora Bloccari
Blokar, ora Bloccari, Blocchi
Blumenzweig, ora Fiore
Boban, ora Bobani
Bobig, ora Favetti
Bocaj, ora Bozzai
Boccalich, ora Boccalis, Bocchi, Boccali
Boch, ora Bocchi
Bochic, ora Bachis
Bock, ora Bocchi
Bogatez, ora Bogatti
Boghessich, ora Borghesi
Bogovich, ora Borghi
Bohinc, ora Boccini
Boehm, ora Benni
Bojc, ora Bozzi
Bolcic, ora Bolci
Bolcich, ora Bossi
Boletig, ora Boletti
Bolko, ora Boico
Bolmarcich, ora Bolmari, Bonmarco
Bolsich, ora Bossi
Boltar, ora Boltari
Bombig, ora Bombi
Bonacic, ora Bonacci
Bonacich, ora Bonacci
Bonetig, ora Bonetti
Bonettig, ora Bonetti
Bonnes, ora Bonetti
Borig, ora Borri
Borovatz, ora Borovelli
Boschin, ora Boschini
Bosic, ora Bossi
Bosich, ora Bossi, Boschi, Natali
Bosiglau, ora Boselli, Bossi, Capodei
Boskin, ora Boschini
Boskovic, ora Bosco
Bosnich, ora Bosini
Bothe, ora Bossi
Botteghelz, ora Botteghelli
Bottizer, ora Scarpelli
Boulang, ora Bolandi
Bozic, ora Bosini, Bossi, Bozzi, Natali
Bozzer, ora Bozzi
Brach, ora Bracci, Bracchi
Bracig, ora Bracci
Bradac, ora Baldassi, Bardacci, Bardassi
Bradicich, ora Bracci, Bradini
Braicovich, ora Bracco, Brachetti, Bravini
Braidih, ora Braida
Braievich, ora Bravi
Braikovic, ora Bracco
Brainich, ora Barini
Brainik, ora Braini
Brainovich, ora Di Brai
Braikovic, ora Bracchetti
Brajuka, ora Bracci
Brandl, ora Brandi
Brandstetter, ora Brandi
Bratasevic, ora Bertassi
Bratassovich, ora Bertossini
Bratcovich, ora Bracchi
Brauer, ora Brani
Braunizer, ora Brunizzi
Braunshofer, ora Bruni
Bravar, ora Magnani
Bravdizza, ora Bravini, Bardizzi
Brazzanovich, ora Bracciano, Brazzani, Di Brazzano
Brce, ora Berzi, Berze
Brecelj, ora Breccelli
Brecevich, ora Bressi
Brechler, ora Bertrandi
Brelich, ora Borelli, Brelli
Bremic, ora Bremini
Bremitz, ora Bremini, Brenni
Bremsak, ora Bresciani
Bremscak, ora Bresciani
Brencich, ora Brenci
Brenkovich, ora Brenni
Brener, ora Breviere
Bresar, ora Bressani
Bresausig, ora Bressani
Brescak, Brescia
Bresciak, ora Brescia
Breska, ora Bresca
Breskvar, ora Breschiari, Bresca
Breskwar, ora Bressi
Bresouscek, ora Bersoni
Bresovec, ora Bressani
Bresovec, ora Bressani
Bresovez, ora Bressi
Brez, ora Brezzi
Brezar, ora Brezza
Brezavscek, ora Bressani
Brezgar, ora Brezzi
Brezic, ora Bresi
Brezich, ora Brezzi
Brezigar, ora Brezzi
Brezovec, ora Brezzi
Bresovitz, ora Brezzi
Bretzel, ora Brezzi
Brezzel, ora Brecelli, Bressi
Brinjsek, ora Berini
Briscek, ora Brescelli, Bresciani, Brissi, Brizzi
Brischzlik, ora Brischi
Brisciak, ora Bresciani
Briscik, ora Brischi, Brizzi
Britz, ora Brizzi
Brodaric, ora Bordari
Brosch, ora Brossi
Brosovich, ora Bressi, Brossi
Bruch, ora Bruchi
Bruckner, ora Bricchi
Brugger, ora Bruggeri
Brumat, ora Brumatti
Brumiller, ora Brumelli
Brunner, ora Bruni
Brusich, ora Brusi
Bsirschke, ora Breschi
Bubnich, ora Bobbini, Bobbi, Bubini
Bucavec, ora Bocuzzi
Bucchich, ora Bucci
Buchacher, ora Boccacci
Buchbauer, ora Buccardi
Buchberger, ora Monfaggio
Buchbinder, ora Brunetti
Buchinig, ora Bucchini
Buchler, ora Bocchiari
Bucich, ora Bucci
Bucik, ora Buzzi
Bucovatz, ora Bocuzzi, Bucozzi
Bucovich, ora Boccoli
Budihnja, ora Budigna
Budinich, ora Budini
Budrovich, ora Budrovini
Bugliovaz, ora Bulli, Bugliovazzi
Buianovich, ora Bugliano
Buich, ora Bucci
Bukavec, ora Bucozzi
Bucavetz, ora Buccavelli
Bucavez, ora Bochuzzi, Bucchi
Bukounig, ora Bucconi
Bukovec, ora Bocuzzi
Bukovnik, ora Bucconi
Bulaich, ora Bullani
Bulicich, ora Buliggi
Bulievich, ora Bulli
Buljavaz, ora Bugliovazzi
Bullessich, ora Bullessi
Bulovic, ora Bullini
Bunger, ora Cittadini
Bungur, ora Boncore
Bunz, ora Bunzi
Burger, ora Borghi
Burich, ora Buri, Burri, Buzzi, Burini
Burkler, ora Borchielli
Burlovich, ora Burlo
Bursanich, ora Borsani
Bursich, ora Bursi, Borsi
Bursig, ora Borsi
Busanich, ora Bussani
Busch, ora Bis
Busdon, ora Busoni
Busich, ora Bussi, Bussini
Bussanich, ora Bussani
Bussich, ora Bussi, Buzzi
Bussignach, ora Bussignani
Bussotinic, ora Bussottini
Butcovich, ora Bucci
Butkovic, ora Buccolini
Butscek, ora Bussi
Buttoraz, ora Buttora
Butzler, ora Buzzi
Buzan, ora Bussani
Buzich, ora Buzzi


sabato 2 novembre 2013







dal campo in Galizia, 3 ottobre 1914


Carissimo fratello!
Queste sono forse le mie ultime righe che rivolgo a te!
Se dovessi cadere, ricorda che sono morto da bravo soldato e che il dovere fu sempre la cosa più importante per me!
Pensate a me e ricordatemi ogni anno con una S.S. Messa. Perdonatemi tutto ciò che forse vi ha fatto male e pregate per me!
Ma forse ritornerò nonostante tutto ed allora saremo di nuovo allegri!
Accettate tutti le mie sentite parole d'addio, la sig.ra Adele e i miei nipoti Alfonso, Regina, Tonin e Pasquale, loro zio gli augura tutta la felicità per il futuro!
A te, caro fratello, un bacio fraterno, un addio o arrivederci!
Con Dio per l'imperatore e la patria!
Il tuo Ferdinand.


Questa è l'ultima lettera ricevuta di Ferdinand Krishan, scritta al fratello Luigi a Trieste. Di Ferdinand sono sparite tutte le tracce, disperso in Galizia.
(lettera tratta dal volume “lettere di guerra e di amore” curato da Marina Rossi)